Fano
Per le opere dei secoli XIV e XV si dovrebbe parlare
di gotico. È risaputo però quanto poco, nello spirito e nella forma, di quello
stile transalpino è presente nell’architettura marchigiana.
Sarà più corretto, quindi, parlare di romanico
ogivale, e impropriamente visto che di ogivale nel lombardeggiante Palazzo del
Podestà di Magister paulutius non vi sono neppure le sagome degli archi del
loggiato, né le luci delle grandi finestre.
È a sesto acuto, però rifatto nel secolo scorso, il
portico d’ingresso della ex Chiesa di San Francesco, ma non lo è il ricco
portale a tortiglioni. Le cose non cambiano con la ex Chiesa di San Domenico e
con la ex Chiesa di Sant’Agostino, rimaneggiate completamente all’interno in
epoca barocca, ma che conservano all’esterno severe fiancate con lunghe monofore
strombate oggi tamponate e coronamento in cotto ad archetti pensili.
Sono tutte esempi di chiese ad aula dai grandi cicli
pittorici alle pareti, tipiche della tradizione dei nuovi ordini monastici. Ma
di quei cicli pittorici ora resta ben poco: quanto basta appena a documentare
che vi misero mano, prima gli esponenti e gli imitatori di quel raffinato
provincialismo grottesco che fu la “scuola riminese”, più tardi quei pittori
appenninici che vanno sotto il nome di “scuola
umbra”.
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