di Alberto Berardi e Sergio Giovanelli
Mezzo secolo di storia viene ripercorsa per analizzare il Pupo
come figura centrale di un carnevale che recupera il significato originario di
rito della fertilità e autentica espressione culturale di popolo. “In questo
volume – scrive Alberto Berardi nella sua prefazione – abbiamo voluto
raccogliere le immagini e le parole di un microcosmo cittadino che anno dopo
anno, grazie e con il Pupo, si è aperto al mondo registrandone le mode ed
irridendole, commentando acutamente gli avvenimenti, smitizzando personaggi
nazionali ed internazionali per ritornare curiosamente negli anni ’90 a figure e
ruoli strapaesani. (…) Personalmente non posso fare a meno di ricordare i Pupi
dell’immediato dopoguerra non solo perché ero uno degli spaesati porcellini che
circondavano il Pupo eroicamente impegnato a cavallo di un maiale nel “Turneo
dla Brasciola” o perché mio padre collaborò alla realizzazione de “El Matador”
ma anche perché l’immagine del “Vulon” riprodotto su metallo lucente abbellì per
anni il risvolto della mia prima giacca”. Negli anni, la figura del
Pupo ha vissuto alterne vicende, ma conclude Berardi nella sua prefazione: “Il
Pupo tornerà davvero e saranno guai per chi non avrà imparato a
ridere”.
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