Fano
Il Settecento fu secolo di rinascita. Peccato che
per fare il nuovo, non si badò troppo alla conservazione dell’antico: sotto la
dignitosa compostezza di un tardo barocchetto classicizzante scomparvero molte,
troppe chiese medioevali.
Basterà citare l’esempio della Chiesa di San
Domenico, rinnovata con scenografico gioco di colonnati dal fanese Francesco
Gasparoli, e quello analogo, ma meno felice, della rinascimentale Chiesa di
Santa Maria Nuova dovuto a Domenico Vici.
Da ridimensionare è il ruolo attribuito in passato a
Luigi Vanvitelli nella costruzione del nuovo convento di San Francesco (oggi
sede del Comune), vasto e monumentale come una reggia, ma opera dell’architetto
di origini fanesi Francesco Maria Ciaraffoni, insieme con il progetto del
Campanile di Piazza che fu poi innalzato con proprio disegno dal riminese
Gianfrancesco Buonamici, autore anche della Chiesa di Sant’Antonio Abate e della
ricostruzione di quella dell’Eremo di Montegiove.
Al bolognese Alfonso Torreggiani e ad Arcangelo Vici
spetta infine la paternità del fastoso Palazzo Montevecchio, come pure del Vici
dovrebbero essere la Chiesa di Sant’Arcangelo e lo scalone di Palazzo
Alavolini.
Fra la schiera dei pittori si distinsero il fanese
Sebastiano Ceccarini, eclettico e fecondissimo, apprezzato anche a Roma e in
altri centri dello Stato Pontificio e suo nipote Carlo Magini, autore di
apprezzabili “nature morte”.
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